Essendo particolarmente legato alla meravigliosa Alpe Veglia, riporto integralmente questa storia, di Lesile Nathanson, prigioniero di guerra che trovò la salvezza in Ossola, tratta dal settimanale Eco Risveglio Ossolano, ben descritta da Valerio Sartore e Lisanna Cuccini.
Parte 1° bibliografia ECO Risveglio Ossolano 13 luglio 2006 pag. 18
Graffiti e ricordi Alpe Veglia: il sentiero della libertà
La storia di Lesile Nathanson, prigioniero di guerra che trovò la salvezza in Ossola
Nell’ottobre del 1943 due ufficiali inglesi catturati a Modena lasciarono I'Italia passando per l'alpe Veglia Ora il figlio di uno di loro ritorna a Varzo.
Alla fine di ottobre del 1943, due ufficiali inglesi fatti prigionieri a Modena dopo l'8 settembre ma scampati alla deportazione con una rocambolesca fuga, giunsero a Domodossola, accompagnati dai due partigiani modenesi (Joris e Luciano) che li avevano aiutati e tenuti nascosti per sette settimane. A Domodossola ricevettero due biciclette da parte di un certo Barbera, e furono avviati verso Varzo. Da qui, con una lunga marcia guidata da un non meglio identificato 'George'. raggiunsero l'Alpe Veglia e, attraverso il passo della Forchetta d'Aurona, il confine svizzero dove alcune guardie li prelevarono ed accompagnarono poi al treno che li avrebbe riportati finalmente in patria. Uno di questi inglesi era Leslie Nathanson, avvocato, che raccontò successivamente in un libro (mai pubblicato) la sua avventura. La riconoscenza nei confronti degli italiani che avevano aiutato lui ed i suoi compatrioti si concretizzò in tali e tanti modi da valergli l'assegnazione, nel 1956, dell'onorificenza di Grande ufficiale dell'Ordine della Stella di solidarietà italiana. A distanza di cinquant'anni, la stessa onorificenza e stata conferita al figlio Michael, pure avvocato esperto di diritto internazionale, per la sua opera di promozione dei rapporti italo-inglesi. Alla cerimonia, svoltasi presso 1'Ambasciata Italiana di Londra, era presente Lisanna Cuccini, presidente del CAI di Varzo, alla quale Sir Michael Nathanson aveva, nel corso della sua ultima visita in Italia lo scorso novembre, espresso il desiderio di ripercorrere quel 'freedom trail' o 'sentiero della liberta' che aveva rappresentato per suo padre la salvezza. La famiglia Nathanson e giunta in Italia lunedì 10 luglio, ed in questi giorni sta ripercorrendo sentieri e luoghi dell'avventuroso viaggio attraverso la Valle Divedro. Lisanna Cuccini ha tradotto per noi alcuni stralci dal libro citato, come documento storico, ma anche nella speranza che qualche parente dei protagonisti possa riconoscersi e segnalare i suoi ricordi. «Barbera allora telefonò ad un amico e gli disse, senza mezzi termini, di portargli dieci franchi svizzeri con due pacchettini di te e due bottigliette di brandy. Da noi sembrava ansioso di avere una dichiarazione che testimoniasse che si era adoperato per facilitare la nostra fuga in Svizzera, avendoci organizzato una guida che ci accompagnasse alla frontiera. Mi sembra che Barbera fosse uno del tanti fascisti che cercavano di riscattare il proprio passato aiutando i prigionieri di guerra in fuga. Ma questa era una pratica da incoraggiare e io volentieri scrissi una lettera per lui..... Ora era arrivato il momento di salutare Joris e Luciano. Erano stati meravigliosi nei nostri confronti ed entrambi ci sembravano nostri amici da una vita anche se li conoscevamo solo da sette settimane..... Durante il viaggio in treno mi ero tolto l'anello con il sigillo di famiglia.... lo diedi a Joris. Gli dissi di tenerlo come piccolo segno della mia gratitudine e ricordo dei due uomini che mi avevano salvato da un destino peggiore della morte. Gli fece molto piacere e promise che l'avrebbe sempre portato. Poi ridivenne pratico e disse che non dovevamo per nessun motivo firmare il messaggio per la guida finche non fossimo stati effettivamente in Svizzera.... Dopo gli ultimi saluti, fummo condotti fuori dall'edificio dall'amico di Barbera che ci consegno una bicicletta ciascuno. Prese la nostra valigia e ci disse di seguirlo fuori città... Gia in vista del villaggio di Varzo, vedemmo una baracca, davanti alla quale stavano due uomini e un cane da caccia. Una degli uomini ci fece segno di seguirlo fino a un fienile e ci fu presentato come la nostra guida. L'uomo di Domodossola ci diede due lettere da spedire dalla Svizzera, ci salutò e scomparve. Io tirai fuori le cinquemila lire e le diedi alla nostra nuova guida che per brevità chiameremo Giorgio. Parcheggiate le nostre biciclette nel fienile, Giorgio ci fece segno di seguirlo e ci condusse lungo un sentierino che saliva per i boschi. Dopo un pò ci fermammo al riparo di un masso e trasferimmo il contenuto della valigia nello zaino di Giorgio......Continuammo a salire, sempre con quei dannati cappotti, finche per il caldo mi sentii svenire e presi un rapido sorso di brandy...... la bottiglia era quasi vuota. La nostra progressione era lenta e mi sembrava di camminare da ore e pensavo che non avrei avuto la forza nemmeno per raggiungere il nostro rifugio per la notte. Terry andava abbastanza bene e prese il mio cappotto....Il mio passo diventò una serie di brevi rincorse dopo le quali mi accasciavo al suolo esausto cercando di riprendere fiato e di calmare i tremendi battiti del cuore. Questo disgustava chiaramente Giorgio e lo sentimmo pronunciare l'equivalente varzese della vecchia domanda se fossimo uomini o topi. Gli risposi prontamente che ero quello che voleva lui ma che non mangiavamo dal giorno prima e che se voleva le rimanenti cinquemila lire.. ...e così, quando arrivammo ad un pianoro che sovrastava il villaggio, ci permise di fermarci e ci diede del cibo e una bottiglia di vino. Finimmo prima il vino e lui tirò fuori un’altra bottiglia, e questa sparì con una tale velocità che Giorgio decise di scendere in paese a fare scorta dicendo che sarebbe tornato entro tre quarti d'ora..... Tornò entro il tempo stabilito. Non c’era una goccia di sudore sulla sua faccia ne gli mancava il fiato, anzi fumava uno del Toscani che si era portato. Aveva un sistema speciale per questo. Prima tagliava il sigaro in mezzo, ne fumava una meta e, quando aveva finito, staccava con i denti un pezzo dell'altra meta e se lo masticava per tutto il viaggio. Questo masticamento era interrotto da numerose emissioni di succo di nicotina con le quali colpiva precisi e vari bersagli ai lati del sentiero. Giorgio dava effettivamente l'impressione di essere un tipo tosto. Era certamente molto allenato e pensava che lo fossimo anche noi e mi ci volle un bel pò per convincerlo che......solo se avesse moderate il suo passo saremmo sopravvissuti fino al giorno seguente. Forse il mio italiano non era perfettamente chiaro ma..... rallentò un pò l'andatura e lo stargli dietro si trasformò per noi da impossibilità fisica a semplice tortura. Il buio calò mezz’ora prima che raggiungessimo la baita che era il nostro obiettivo per la notte,e noi seguimmo Giorgio da vicino lungo un ripido sentiero verso una luce in lontananza..... Dopo quella che sembrò un’eternità arrivammo ad una baita con un grande fienile vicino. Giorgio gridò e la porta si aprì immediatamente e comparve un bell'uomo di circa 65 anni, un tipico paesano, con la faccia bruciata dal sole e mezzo nascosta da due enormi baffi.....vestito con abiti da montagna e robusti scarponi simili a quelli degli Alpini. Ci invitò ad entrare nella baita, dove tre ragazze e due giovanotti erano seduti intorno al fuoco di un camino. Ci presentò come i due inglesi che avrebbero passato la frontiera il giorno seguente. Le ragazze erano sue figlie, uno dei ragazzi suo figlio e l’altro suo nipote. Entrambi ci avrebbero accompagnati alla frontiera. ..... il nipote portava l’uniforme degli Alpini. Cominciai a parlare con lui e mi disse che aveva fatto parte della divisione italiana sulla frontiera italo-francese, e che gli ci erano volute cinque settimane per tornare a Domodossola dopo l 'Armistizio. Aveva viaggiato quasi sempre a piedi..... ..per centinaia di chilometri..... .i miei vestiti finirono stesi ad asciugare..... Ci fu dato te caldo e dolce e castagne arrostite.. ..dormimmo nel fieno.. ..Lasciammo la baita alle prime luci del mattino di mercoledì 3 novembre 1943. Con noi c'erano la guida, il giovane figlio del contadino e l’alpino. Giorgio portava il nostro cibo e anche gli altri due avevano dei sacchi. L'alpino aveva il suo futile a tracolla e avevamo anche un paio di pistole, lo e Terry non portavamo niente. Per le prime due ore salimmo con passo lento e regolare....niente importava tranne trovare il sicuro appoggio per il prossimo passo. Continuavo a dire a me stesso.. .che tutte le cose brutte devono avere una fine. Questo giorno sarebbe diventato notte, e prima di notte saremmo stati in Svizzera. O catturati. Ora eravamo sulle colline sopra Varzo....le quattro ore seguenti furono facili....gli scarponi chiodati cominciavano a farmi male... Arrivammo alla fine del bosco, su un alto pendio che si affacciava su una bellissima valle... potevo vedere in basso un piccolo albergo, come una miniatura... una cascata che diventava un torrente...Giorgio disse: «Ci fermeremo a mangiare vicino alla sorgente dell'acqua minerale, prima di affrontare la parte dura della salita.. quello è il Monte Leone e un pò sulla destra vedrete il passo che attraverseremo. Gli Svizzeri lo chiamano Furggenbaumpass e pochi passi più in la è Svizzera...». Salimmo per un’ora prima di raggiungere la neve.. .sembrava che non finisse mai. Volevo bere ma Giorgio rifiutò di darmene, dicendo che era la cosa peggiore. Non parlavamo.... a volte uno di noi cadeva, sprofondando nella neve per oltre un metro.... Dopo mille anni, la guida ci fermò....vuotai mezza bottiglia di Vermouth.. ..Avevamo raggiunto la capanna e vi entrammo per una finestrella...c'erano delle coperte con la croce svizzera sopra e finalmente la paura di essere tradito mi lasciò». Valerio Sartore (traduzione di Lisanna Cuccini)
Parte 2° bibliografia ECO Risveglio Ossolano 20 luglio 2006 pag. 20
L'impresa Di Nathanson che grazie all'aiuto di partigiani varzesi scampò alla prigionia
Lungo il sentiero della libertà
Dall’Inghilterra in memoria di nonno Lesile
VARZO - Si è felicemente conclusa l'avventura italiana della famiglia Nathanson sulle tracce di nonno Leslie e si è compiuto il loro sogno di ripercorrere il suo "sentiero della liberta". Come abbiamo raccontato nel precedente numero di Eco Risveglio, l'avvocato londinese Leslie Nathanson e un compagno, prigionieri di guerra nel 1943, erano riusciti a sfuggire alla deportazione e, con l'aiuto di alcuni partigiani modenesi, avevano raggiunto Domodossola e da qui 1'Alpe Veglia e la Svizzera. Una parte della Nathanson, composta da Michael (uno dei tre figli di Leslie), con la moglie Mariette, la figlia Hannah e i nipoti Susannah e Alexander, e giunta a Varzo lunedì 10 luglio, accolta da Lisanna Cuccini (presidente del CAI locale che ha organizzato il loro soggiorno) e, in compagnia della guida alpina Aldo Del Pedro Pera e di chi scrive, e salita all'Alpe Veglia. Entusiasmati dallo spettacolo della piana, gli inglesi hanno dedicato la giornata di martedì a un giro sui sentieri e mercoledì 12, favoriti da un tempo splendido, hanno compiuto la traversata della Forca d'Aurona, il passaggio più breve verso la Svizzera, dimostrando, benchè digiuni di escursionismo impegnativo, determinazione e coraggio. Particolarmente emozionante 1'arrivo alla casermetta svizzera, a pochi metri dalla cresta di confine, luogo in cui i prigionieri del '43, esausti ma finalmente liberi, avevano salutato le loro guide italiane e avevano poi ricevuto l'aiuto delle guardie di confine svizzere. Michael ha voluto dedicare un commosso brindisi al padre e a tutte le persone che, in ogni tempo, danno prova di solidarietà. La discesa ha comportato, per gli inglesi, qualche momento di brivido, per il tratto di via ferrata e il pendio nevoso, ma tutto si e concluso allegramente La marcia e terminata al passo del Sempione, dove la famiglia ha trascorso con Lisanna la giornata di giovedì, esplorando il sentiero Stockalper. Solo dopo la loro partenza e giunta l'ennesima felice sorpresa. Grazie al racconto di Eco Risveglio, sono state infatti identificate le guide varzesi che accompagnarono i prigionieri verso la salvezza correndo un grande rischio. Gra-zie a Lino Ciocca, all'epoca diciassettenne, e stato possibile ricostruire il tragitto da Varzo al1'Alpe Veglia. La testimonianza sul prossimo numero di Eco. Valerio Sartore
Parte 3° bibliografia ECO Risveglio Ossolano 27 luglio 2006 pag. 18
La fuga Di due ufficiali deportati inglesi nel 1943 fu possibile grazie al grande altruismo di due abitanti di Varzo
Ricostruita la traversata di Nathanson
Efisio Ciocca e Admeto li scortarono in Svizzera
VARZO - Si è arricchita di nuovi, sorprendenti dettagli la ricostruzione dell'avventurosa traversata di Leslie Nathanson da Varzo alla Svizzera nel lontano 1943. La storia dell'avvocato londinese sfuggito alla deportazione, raccontata da Eco Risveglio nelle scorse settimane, ha permesso di identificare le guide che accompagnarono la sua fuga. Infatti, leggendo il racconto, il varzese Lino Ciocca ha riconosciuto i particolari e ricordato 1'avvenimento e gli altri protagonisti. Suo padre Efisio Ciocca e Pierino Admeto, esperti conoscitori del Veglia e delle sue montagne, erano stati contattati, nell'ottobre del '43, perchè i due inglesi (Nathanson e un compagno) fossero accompagnati oltre confine. Le vie verso la Svizzera erano diverse, ma venne scelta la Forca d'Aurona perchè ritenuta, in quel momento, la più agevole e la più sicura. Possiamo immaginare i rischi connessi nell'aiutare due prigionieri inglesi ebrei in quel momento, ma Admeto e Ciocca dovevano certo avere la loro dose di coraggio. Fu Admeto a prendere in consegna i due fuggitivi a Varzo, come ricorda la figlia: «Ero piccola e non ricordo i particolari, ma solo che mio padre ci raccomandava di non dire mai niente di quello che avevamo visto». La salita cominciò subito, seguendo la mulattiera nel bosco verso Dreuza e quindi alla piccola località di Canodo, e Ciocca li ospitò nella sua baita. Qui c'erano il figlio Lino, le tre figlie e Tin Sartor, alpino fuggito attraverso la frontiera francese. Gli inglesi chiesero 1'indirizzo per potergli spedire, una volta raggiunta la salvezza, un segno della loro gratitudine: una delle ragazze preparò un bigliettino e lo cucì accuratamente nell'orlo dei pantaloni di Nathanson, senza poter prevedere che gli inglesi, al loro arrivo in Svizzera, sarebbero poi stati rivestiti a nuovo e i loro vecchi abiti bruciati. Si persero cosi i contatti... «Il mattino seguente partimmo che era ancora buio - racconta Lino Ciocca, all'epoca diciassettenne -per accompagnare i due inglesi c'era Pierino Admeto, io e Tin Sartor, che a sua volta si rifugiò in Svizzera. Passando da Solcio e Ciamporino giungemmo a Veglia e poi salimmo alla Forca d'Aurona dove li lasciammo presso il rifugio delle guardie Svizzere. I due inglesi ci avevano scritto su un foglio il loro indirizzo che nascondemmo fuori casa, due anni dopo quando andai a cercarlo era illeggibile». La testimonianza di Lino, 1'unico vivente, ha permesso di ricostruire il tragitto; suo padre Efisio, nonostante fosse molto più giovane di quanto gli inglesi avevano sti-mato, morì nel 1964 e Pierino Admeto, in quel frangente si fece chiamare Giorgio, morì nel 1974. Dopo 1'esito felice di quella traversata, altri ebrei o prigionieri furono accompagnati verso la Svizzera, ma non restano racconti di questi episodi e non risulta che qualcuno sia tornato per ripercorrere il suo "sentiero della libertà" o per rivedere le persone che lo aiutarono. Il ritorno di Michael Nathanson sulle orme del padre, la sua gratitudine e il suo entusiasmo hanno dunque un particolare valore. Lisanna Cuccini Valerio Sartore
Chi fosse interessato al seguente indirizzo: http://groups.msn.com/AlpeVegliaedintorni/immaginidaltritempi.msnw?action=ShowPhoto&PhotoID=44 può osservare la foto della casermetta citata, ripresa durante una mia salita alla Punta Aurona o Furggubaumhorn 2985 m, il 27/7/1977. Per maggiore comodità : http://groups.msn.com/AlpeVegliaedintorni (quindi Immagini d’altri tempi pag. 2) Buona montagna a tutti gli amici, ed un particolare ringraziamento a Valerio Sartore e Lisanna Cuccini che hanno raccontato questo pezzo di storia dedicato alla realtà della guerra, ambientato in quella meravigliosa realtà della natura dell’ Alpe Veglia. Valter.
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